Cosa è cambiato alle sfilate di moda nel corso degli anni? Nulla, o quasi! Backstage ovvero dietro le quinte è lo stesso. E’ cambiata la moda, ma la moda cambia tutti gli anni. Ed è cambiata anche una componente importante del mondo della moda: le modelle. Dalle mannequin ( così si chiamavano) degli anni cinquanta e sessanta che erano più vicine alla taglia 44 che non alla taglia 40, alle modelle di oggi sempre più giovani, passando per le icone della passerella: Claudia Schiffer, Naomi Campbell, Carla Bruni.
Anche lo spirito è rimasto sempre lo stesso ( e anche lo stress!). Abiti terminati all’ultimo minuto, dettagli cambiati all’ultimo momento, l’emozione che attanaglia prima dell’uscita in passerella, il flash dei fotografi. Agli occhi di un non addetto ai lavori questo può sembrare un caos totale, in realtà è un caos apparente, organizzato, pianificato. E alla fine tutto funziona alla meraviglia. Se si stacca un bottone, c’è sempre qualcuno che ti allunga una spilla da balia, se si scuce un pezzo di orlo di un abito, c’è qualcun’altro che ti passa un pezzo di scotch, o un cerotto per rimediare all’istante.
Questo succedeva cinquant’anni fa. E succede ancora oggi alla sfilata dietro le quinte!
Un po’ di storia
Citazione da Vanity Fair:
Prima
….quando Christian Dior fece il suo debutto con la sua rivoluzionaria collezione del 1947 le sfilate di moda erano già diventate un affare in piena regola. Eventi mediatici in grande stile, pubblicizzati e ospitati in location d’effetto. Il pubblico veniva fatto sedere stipato in silenzio in piccole stanze insieme ai giornalisti famosi schierati in prima fila e agli acquirenti al dettaglio sparsi qua e là. Alla faccia dei flash impazziti che oggi risplendono su chiunque si aggiri nei dintorni di una sfilata, durante gli anni ’60 quasi tutte le presentazioni di moda si svolgevano a porte chiuse, la stampa era certo presente ma armata unicamente di carta e penna. Nel suo libro Catwalking il leggendario fotografo Chris Moore ricorda: «… a quel tempo i designer pensavano che fossimo spie.»
Accanto a clienti privati e compratori all’ingrosso, i giornalisti iniziarono a frequentare le sfilate nel 1923 da Jean Patou. Da allora la stampa è diventata uno strumento fondamentale nella promozione della moda. L’invito in sé divenne status, un oggetto ricercato ed esclusivo, in numero limitatissimo. Da semplice cartoncino scritto a mano a creativo oggetto da collezione, l’invito alla sfilata è una vera e propria dichiarazione di intenti che fornisce il primo assaggio della visione del designer per la stagione. Una «goodie bag» in loco contenete una piccola brochure e piccoli omaggi, spesso un profumo, è ormai quasi di rigore e oggi la stampa è diventata parte integrante dello show così come le modelle in passerella.
Dopo
In concomitanza con l’ascesa del prêt-à-porter e con il graduale declino dei clienti couture il monotono format della sfilata di moda fu completamente rivoluzionato sul finire degli anni ’60. Le solenni presentazioni dell’ Alta Moda furono sostituite da presentazioni sempre più folli e teatrali ospitate in luoghi insoliti. Invece di corteggiare la stampa e gli acquirenti con un’aura di lusso ed esclusività, i designer direttamente influenzati dalle tecniche di marketing più avvedute, iniziarono a servirsi delle sfilate come un mezzo per connettersi al pubblico, attirare clienti da ogni dove e non da ultimo per abbracciare l’allora nascente cultura giovanile. Il decennio dei ’60 non è certo definito Swinging per caso. Tra i grandi movimenti sociali, la rivoluzione musicale e le mode eccentriche, spuntarono le prime muse della moda. Non si può parlare di storia delle sfilate senza un accenno alle modelle che da ingessati manichini, in quegli anni, si trasformarono in personaggi iconici come Twiggy e Veruska che per prime spianarono la strada alle venerate e strapagate top model anni Novanta…
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