Ci siamo stati a una celebrazione del matrimonio e siamo rimasti colpiti da una lettura per il rito religioso. Parlava della simbologia delle fedi nuziali. Vogliamo condivederla con voi e la riportiamo qui, in questo articolo.
E’ una citazione dal saggio di Karol Wojtyla “La bottega dell’orefice”. E’, nelle stesse parole di Karol Wojtyla, una «meditazione sul sacramento del matrimonio che di tanto in tanto si trasforma in dramma», un piccolo trattato sul fidanzamento e sul sacramento del matrimonio. Il matrimonio «non può mai essere chiuso in se stesso. Deve essere aperto perché da un lato deve influire sugli altri esseri dall’altro riflettere sempre l’Essere e l’Amore assoluto. Deve rifletterli almeno in qualche modo».
Anna
Passavo spesso di qui.
Facevo questa strada tornando dal lavoro
(la mattina invece prendevo una scorciatoia).
Prima però non badavo a questa bottega.
Ma da quando
il nostro amore si è spezzato
più di una volta mi sono fermata a guardare
le fedi d’oro
– i simboli dell’amore umano e della fedeltà coniugale.
Ricordavo come, tempo prima, questo simbolo mi parlava
quando l’amore era innegabile,
quando era un inno cantato
con tutte le corde del cuore.
Poi le corde a poco a poco ammutolivano
e nessuno sapeva più accordarle.
Io credevo che il colpevole fosse Stefano –
non riuscivo a trovare colpa dentro di me.
La vita si trasformava sempre di più
nella pesante coesistenza di due
che occupavano sempre meno posto uno nell’altro.
Ora rimane solo l’insieme dei doveri,
un insieme convenzionale e mutevole,
sempre più spoglio
del puro sapore dell’entusiasmo.
E così poco ci unisce, così poco.
Allora mi vennero in mente le fedi
che ancora portiamo ai dito
io e lui.
Così una volta, tornando dal lavoro,
e passando vicino all’orefice,
mi sono detta – si potrebbe vendere,
perché no, la mia fede
(Stefano non se ne accorgerebbe,
non esistevo quasi più per lui.
Forse mi tradiva – non so,
perché anch’io non mi occupavo più della sua vita.
Mi era diventato indifferente.
Forse, dopo il lavoro, andava a giocare a carte,
dalle bevute tornava molto tardi,
senza una parola, e se ne gettava là una
rispondendo col silenzio).
Quella volta allora decisi di entrare.
L’orefice guardò la vera, la soppesò a lungo sul palmo
e mi fissò negli occhi. E poì
decifrò la data
scritta dentro la fede.
Mi guardò nuovamente negli occhi e la pose sulla bilancia…
poi disse: “questa fede non ha peso,
La lancetta sta sempre sullo zero
e non posso ricavarne nemmeno
un milligrammo d’oro.
Suo marito deve essere vivo – in tal caso
nessuna delle due fedi ha peso da sola
– pesano solo tutte due insieme.
La mia bilancia d’orefice
ha questa particolarità
che non pesa il metallo in sé
ma tutto l’essere umano e il suo destino”.
Ripresi con vergogna l’anello
e senza una parola fuggii dal negozio
-penso che lui mi abbia seguito con lo sguardo.
Giovanni Paolo II° è ” solamente ” beato, ma questa sua spiegazione sul significato delle fedi nuziali, si basa su un fondamento di
santità non comune per una persona allora agli inizi del suo percorso Ecclesiastico.